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Parte 22
Uscii nel corridoio e mi diressi all'ufficio del dottore. Ci vollero solo pochi passi. I colori di tutte le cose intorno a me erano così distorti che non capivo dove mi trovassi. Mi pareva che camminassi attraverso la foresta invernale, come la Nina della crestomazia, e allo stesso tempo che mi rotolassi per terra, gridando dal dolore, nel cortile accanto ad Anton, e inoltre che mi sdraiassi sul letto nel manicomio, piangendo perché mi mancava mia mamma. Non mi resi conto di quanto tempo ci misi per fare quei passi, mi parve che fosse passata un'eternità.
Raggiunsi la porta dell'ufficio e la aprii senza bussare. Il dottore stava parlando al telefono. Vedendomi, disse di fretta qualche parola, mise giù la cornetta e si lanciò verso di me. Caddi sul pavimento. Mi prese in braccio e mi adagiò sul divano. Gli dissi che sapevo come aiutare Anton e gli chiesi di dirmi di nuovo il nome della malattia. Proferì le stesse parole che aveva detto prima mentre discuteva di Anton al telefono. Le parole ebbero il colore morto di Anton. Tentai di combinare nella mia mente queste parole con le immagini del dottore e di Anton. Vi riuscii, anche se non subito. L'immagine di Anton nella mia mente, il suono delle parole nelle mie orecchie e il volto del dottore davanti ai miei occhi si fusero insieme.
Il dottore spalancò gli occhi e cadde in ginocchio. Per un minuto rimase in ginocchio, afferrandosi al bordo del divano. Poi si alzò di colpo e uscì dall'ufficio. Feci un respiro profondo. Il dolore se ne andò via. Con esso se ne andarono le parole, le immagini e i suoni. L'ultima cosa che mi ero ricordata erano le facce di papà e mamma che stavano alla porta dell'ufficio. Poi tutto scomparve e non c'era più nulla.
Continua.
@Simone- Bentornato! Ci sei mancato. Mi dispiace per tua nonna.
Grazie!