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Parte 7
Ritornai a casa anche io e andai a letto. Iniziai a riflettere se dovessi raccontare a qualcuno cosa era successo ad Anton. Fu come un compito di matematica. Dovevo esaminare tutti gli scenari e guardare al colore. Determinai che non c'era bisogno di parlarne con nessuno. Anton voleva ferire Zoe. Se dovesse morire, non ci sarebbe più nessuno che potrebbe farle del male. Così Zoe uscirebbe fuori di nuovo. Magari giocherebbe con me ogni tanto. Mi immaginai come sarebbe uscita fuori e come avremmo giocato insieme. Il colore era buono e giusto. Mi calmai e addormentai.
Mi svegliai dal rumore fuori. Mamma piangeva e papà litigava con qualcuno a toni concitati. La porta si aprì ed entrarono in stanza due inservienti in camici bianchi e un uomo vestito in divisa. Mi chiese come mi chiamassi e poi disse il suo nome. Tirò fuori dalla tasca un foglio e si mise a leggerlo in tono monotono. Sul foglio c'era l'emblema dello Stato, lo stesso di quello sul cancello della scuola. Finì di leggere e mi domandò se avessi capito tutto.
Capii tutto, non dalle parole, bensì dal colore di quell'uomo e del suo discorso. Chiesi se stessero per portarmi in manicomio. Lui disse che non era per niente un manicomio, e usò un'altra parola. Gli inservienti ridacchiarono. Si presentarono e mi dissero di andare con loro.
Uscimmo dalla casa e salimmo in macchina. Davanti alla casa c'era una folla di persone. Tra loro c'erano Anton e suo papà. Il papà mi guardava. I nostri occhi si incrociarono e lui distolse lo sguardo. Anton se ne stava con la testa chinata. Era ancora dello stesso colore. Quel colore l'hanno le cose prima di rompersi e la gente prima di morire.
Nel manicomio mi portarono in una stanza con i muri bianchi e le finestre con le inferriate. Nella stanza c'erano dei letti di ferro, delle sedie, alcuni comodini e un orologio sulla parete. Volevo dormire molto. Mi coricai e addormentai subito.
Quando mi svegliai, vidi l'infermiera che veniva nella nostra casa per fare pratica con me. L'infermiera sedeva sulla sedia affianco al mio letto. Sul mio comodino c'era un bicchiere d'acqua e delle pillole dentro una ciotolina mezzotonda. Sulla ciotolina era incollato un pezzo di carta con il mio nome. L'infermiera annunciò che da oggi avremmo fatto la pratica qui. Spostò l'acqua e le pillole verso di me e mi chiese di prenderli. Lo feci. L'infermiera disse che si sarebbe tornata fra mezz'ora e uscì dalla stanza.
Continua.