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Parte 6
In strada tutto era rimasto lo stesso. E allo stesso tempo tutto era cambiato. I colori diventarono più vivaci, ottennero delle nuove tinte. Smisi anche di dargli nomi; c'erano molti più colori che parole, oggetti e sentimenti. Erano tutti diversi, e non si mescolavano più come prima. Non avevo alcun problema nell'immaginarli. Se si trattava di un colore del sentimento, o gusto, oppure quello dell'odore, cominciavo a percepirli come se fossero reali. Se era un colore di una parola o una frase, risuonavano dentro la testa come se fossero esclamate ad alta voce. Nel caso di un colore di un uomo o di un oggetto, li vedevo davvero davanti agli occhi. Anche se capivo che infatti non ce n'erano.
Uscii in cortile. Sulla panchina, come quasi sempre, sedeva la compagnia di Anton, con lui stesso in centro. Mi diedero un'occhiata. Non mi dissero niente. Mi arrampicai sullo scivolo di metallo e iniziai a girare attorno alla ringhiera, come mi piaceva sempre fare. Dalla porta della casa vicina uscì Zoe, strizzando gli occhi alla luce abbagliante. Si vedeva che per tutto quel tempo era stata a casa anche lei. Avendo notato Anton e la sua compagnia, si girò e camminò dall'altra parte. Anton la notò prima che lei potesse svoltare l'angolo. Fece segno a uno della sua combriccola e indicò Zoe con lo sguardo. Lui le corse dietro. La raggiunse e le disse qualcosa. Zoe, con la testa in giù, si avvicinò alla panchina. Anton, spaparanzandosi sulla panca, sputò per terra e sbottò una frase qualsiasi. La compagnia scoppiò a ridere, e il volto di Zoe diventò pallido.
Lo scivolo era lontano dalla panchina. Non potevo sentire cosa aveva detto Anton a Zoe. Vidi solo i colori di Anton, di Zoe, della compagna e di tutto quello che stava succedendo. Tutto ciò che aveva detto Anton mi risuonò nella testa come se l'avessi sentito con le mie orecchie. Non seppi proprio cosa significassero quelle parole. Il loro colore era così sbagliato e ripugnante che quasi vomitai. Capii che Zoe si sentisse lo stesso.
Mi avvicinai alla panchina. Volevo dire ad Anton di non parlare così mai più. Non ci riuscii. Nonostante tutta la pratica con l'infermiera non potevo trovare le parole del colore giusto. Non ce n'erano. Invece, mi uscì un grido. Aveva un colore idoneo. Gli amici di Anton scapparono via. Voleva scappare via anche quello. Non poteva farlo. Caddi a terra. Anton cadde con me anche lui.
Zoe stava davanti alla panchina con il viso completamente bianco. Mi faceva molto male. Chiusi gli occhi e mi coprii le orecchie per non sentire più quel colore. Non potevo smettere di gridare, non sapevo come farlo. Cominciai ad immaginare i numeri, uno per uno. Il colore sparì solo quando ero arrivata al sette. Il grido finì. Aprii gli occhi.
Anton era steso a terra con gli occhi chiusi. Restò così per qualche minuto. Poi aprì gli occhi anche lui. Si alzò pian piano, si tolse di dosso la polvere e andò lentamente a casa senza guardarci. Aveva lo stesso colore della sorellina morta di Zoe.
Continua.