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Parte 20
Il dottore telefonò alla ragazza della reception e le chiese di avvertire i miei genitori e la mamma di Zoe di venire e portarci a casa. Poi disse che voleva sentire di nuovo cosa era successo quando avevo smesso di percepire i colori. Gli ridissi tutto. Ascoltò attentamente e qualche volta chiese di ripetere una cosa o l'altra, e dirgliela più dettagliatamente. Soprattutto quello che era successo a casa di Zoe mentre tentavo di raccontarle di Anton ed ero svenuta. Quando finii di raccontare, fece un respiro profondo e disse che si trattava di una cosa molto seria.
Nel periodo in cui ero capace di percepire i colori, non mi funzionava la parte del cervello responsabile per le emozioni, i nessi interpersonali e la compassione. Non avevo amici, non provavo sentimenti forti per nessuno. Non riuscivo a mettermi nei panni di un'altra persona. Non potevo neanche chiamare la gente per nome o utilizzare il discorso diretto. Forse si trattava di una reazione protettiva per risparmiare il cervello da sovraccarico. Quando avevo smesso di percepire i colori, questa parte iniziò a funzionare. Questo mi capitò molto presto. Si vogliono di solito molti anni per sviluppare tali abilità. Ora che il senso dei colori era tornato, sorse la minaccia che il cervello non ce l'avrebbe fatta. Avrei probabilmente dovuto prendere le pillole che rallentano l'attività cerebrale. Altrimenti sarei potuta morire.
Zoe sedeva sul divano vicino a me. Stringeva e rilasciava di continuo nel pugno il bordo del copriletto. Chiese cosa mi sarebbe capitato se mi mettessi a prendere queste pillole. Il dottore disse che erano state probabilmente proprio esse che mi davano al manicomio. Capii dal colore di cosa si trattava, anche se chiamò il manicomio con un'altra parola. Avrei avuto bisogno di rimanere lì per sempre. Non sarei riuscita a condurre una vita normale.
Zoe disse che voleva uscire e parlarmi in privato. Al dottore non dispiaceva. Uscimmo e ci sedemmo sulla panchina. Zoe mi abbracciò e pianse. Disse che l'era dispiaciuto di aver smesso di parlare con me. Era in collera con me perché non le avevo detto niente della sorellina. Non lo sapeva che avevo una tale malattia. Mi assicurò che non si sarebbe mai dimenticata di me e sarebbe venuta a trovarmi spesso in manicomio. Mi fece molto piacere sentire questo. Piansi anch'io e me ne rimasi molto sorpresa.
Continua.