I colori mai visti (18)
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I colori mai visti (18)

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fiction

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Parte 18

Dopo quindici minuti Anton uscì dall'ufficio. Si sedette sulla panchina vicina e guardava il pavimento a testa bassa. Poi si avvicinò a Zoe e, sempre guardando il pavimento, chiese scusa. Zoe non disse niente in risposta. Gli prese la mano, la strinse e lasciò subito.

Anton pianse. Si accasciò sulla panchina e si mise a piangere sempre più forte. Poi iniziò a ululare come un animale ferito. Le porte degli studi si aprirono, e ne uscirono di corsa il dottore e le infermiere. Il dottore impartì qualche ordine. Una delle infermiere tornò subito nello studio, prese una siringa e la ficcò nella coscia di Anton. Dopo pochi secondi si afflosciò e scivolò dalla panca. Il dottore lo afferò sotto le ascelle, lo portò in ufficina e lo mise sul divano. Poi fece segno a Zoe e a me che entrassimo.

Lui spiegò che Anton era stato davvero malato. Aveva probabilmente la stessa malattia della sorellina di Zoe. Per accertarsene, bisognò fare delle analisi. Si fanno solo nella capitale, ci vuole tempo e la procedura è molto pericolosa. C'è un trattamento per questa malattia, che a volte aiuta. Se non si trattasse di questa malattia, il trattamento non gli avrebbe aiutato, invece, lo avrebbe probabilmente portato alla morte. Il dottore non poteva correre tal rischio. Quindi bisognò mettersi in contatto con i medici della capitale e portare lì subito Anton. Ci voleva solo il consenso del suo padre. Ripeté che il tempo era stato pochissimo. Chiamò l'infermiera e le chiese di trovare il padre di Anton.

Il padre si presentò un'ora dopo e cominciò subito a baccagliare. Urlava prima che era stato ingannato: gli era stato detto che Anton sarebbe stato portato a casa, e ora, a quanto pare, doveva invece farlo lui stesso. Poi chiese dove fossero i soldi che gli erano stati promessi per la ricerca. Il dottore si mise a dirgli qualcosa sottovoce. Prima ascoltava, poi si arrabbiò. Gridò che nessuno avrebbe ottenuto niente da lui, e se ne andò, sbattendo la porta.

Dissi al dottore che avevo percepito il colore delle sue parole mentre era stato al telefono. Le parole ebbero lo stesso colore di Anton. Se parlava della malattia, si trattò proprio di quella.

Continua.

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