La fanciulla ordinaria e la farfalla straordinaria (Capitolo 8)
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La fanciulla ordinaria e la farfalla straordinaria (Capitolo 8)

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La fanciulla ordinaria e la farfalla straordinaria

Capitolo 8

Si arrancarono su per le scale di blu e giallo, in tondo, fino ad i colori sembravano cambiare a verde nella luce della sua candela e Cristiana cominciò sentire piuttosto vertiginoso. Maestro Paludi non sembrava essere infastidito dai colori, la filatura, né la ombra oltre la luce della candela e teneva un ritmo implacabile.

«Ho stanco, Maestro Paludi. Quanto ancora?»

«Non molto. Il primo viaggio è sempre il peggiore, ma ti ci abituerai.»

A gira dopo giro, loro andavano. Sembrava che le scale erano senza fine. A volta, la luce della sua candela luceva fuori nell’ombra e sembrava che illuminava una migliaia scintille, ballando nell’aria, come che loro non c’erano le pareti intorno ma invece un cielo pieno delle stelle.

A punto esatto quando credeva non lo sopportava più, una calda luce arancione illuminò dall’alto e le scale fermarono in una sala cavernosa. Sul pavimento pietra, riprese il suo fiato, accogliendo lo spazio immenso dopo il viaggio sulle scale orribile!

La camera era tonda, quasi trenta piedi in diametri, e ancora sembrava calduccio. A un lato della parete era un camino enorme con un fuoco scoppiettante—da cui proveniva la maggior parte della luce—e la mensola di legno era largo come un tavolo e ingombra di un serraglio degli oggetti: libri, bottiglie, fiale degli inchiostri, penne d’oca, pezzi delle pergamene marrone, quattro piccoli scrigni di legno, e alcuni pennelli macchiati di vernice bianca. Un dipinto gigante di uno gnomo regale, indossando un abito di seta dorata e scintillante anelli appendeva sopra il mantello, sembrando quasi troppo molto come Maestro Paludi lui stesso.

La stanza odorava di polvere e tuttavia anche di dolce incenso, come se la polvere fosse polline di fiori freschi in una giornata di sole. Lampadari a olio pendevano dal soffitto duomo su lunghe catene che potevano essere alzate o abbassate dai verricelli ancorati alle parete—ad un'altezza conveniente per gnomi, ovviamente.

E davanti del camino c’erano un sofà comoda e parecchie sedie su un tappeto di pelliccia marrone, e tantissimi tavolini da tutte le parti. Librerie vaste pieno dei libri occupavano ogni parete, ciascuno con una scala a pioli conveniente.

Corde dei cristali appendevano in grandi arci dalle pareti ed il soffitto, scintillando con la luce dal camino e le lampade, e su uno lato della camera, una piccola scala a chiocciola di legno andavano dritto in alto ad in qualche luogo oltre, come un cavatappi perforando attraverso il soffitto.

Lei si girovagò in questa camera abbagliante, guardando intorno da tutte le parti. Distrattamente, spense la candela e lo mise su un tavolino e fece cadere suo zaino su una sedia accanto.

Maestro Paludi andò nella cucina e tornò con due tazze d’acqua fresca, uno per ciascuno di loro. «Dai, bevi questo pure. Ti aiuterà.»

Lei prese la tazza ceramica blu e bevve mentre guardandosi intorno. L'acqua aveva un sapore leggermente dolce come il sapore di miele.

C’erano quattro portali d’arco, ogni a novanta gradi di distanza, uno in cui erano le scale della torre da cui furono appena entrate (o uscite?). Un altro apriva a una piccola camera di letto, un altro a cucina conveniente, e l’ultimo a un'aula, cui sembrava specialmente grande per il numero degli studenti—uno, sola Cristiana.

Sbirciò dentro e vide dozzine di scrivanie ed i tavoli riempiendo la stanza. Infatti l’aula era riforniti come per dozzine di studenti—c’erano libri della scuola impilavano ordinatamente in centro di ogni scrivania—tuttavia tutte le scrivanie erano coperte di polvere, tranne uno vicino alla parte anteriore su cui c’era un cartello con il suo nome.

Un angolo era riempiva con cavalletti e centinaia dei pennelli e tubi di vernici dell’ogni colori. Tele tese dell’ogni dimensione (or taglie?) si appoggiavano ad il muro. Vide un dipinto cui raffigurato fiori e una bella farfalla. Cominciò ad andare dentro per sguardo più da vicino ma un acuto grido da dietro spaventala e lasciò cadere la tazza.

«Intrusa! Intrusa!» gridò la voce. «Dare l'allarme! Correre ai ripari! Sigilla le porte! Abbiamo una intrusa!»

[continua in sequito]

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