Pensierini:  'L’Infinito' di Giacomo Leopardi
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Pensierini: 'L’Infinito' di Giacomo Leopardi

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Ultimamente ho iniziato a familiarizzare con i grandi classici della poesia italiana. Ecco alcuni pensierini che ho avuto sul mio lettura di L'Infinito da Giacomo Leopardi, 1818–19.

Per me L’infinito di Leopardi presenta una riflessione che oscilla tra le giustapposizioni lungo le quali sentiamo la distesa della sensazione dell'essere umano.  

All’inizio le immagini del ‘caro colle’ e della siepe che avvolgono il narratore danno un senso di familiarità e rappresentano il conforto della nostra propria casa e i dintori nostalgici della giovinezza. Però, quando ci prendiamo un attimo per noi stessi a ci fermiamo – ‘sedendo e mirando’ – pensiamo alla vita al di fuori della nostra vista e a tutte le possibilità che sono tenute negli ‘interminati spazi’, cioè a tutto quello che non abbiamo ancora provato. Molto spesso facciamo tutto per evitare i silenzi, preferiamo colmare la vita con impegni, invece di imbatterci nella ‘profondissima quiete’. Come sa bene Leopardi, questi silenzi sono ‘sovrumani’ perché presentono una soglia per aprire la nostra immaginazione ai significati della vita oltre della nostra conoscenza quotidiana. Possiamo nasconderci o fare finta dei nostri pensieri ma in fondo il cuore non ha paura di questi silenzi, perché solo qui possiamo ridimensionare i nostri problemi.

Gli affiancamenti giocano nel corso del testo: vita e morte, silenzio e rumore, tempo indeterminato e momenti cristallini del presente. Leopardi ricorre ad un contrasto sorprendente quando descrive le stagioni – che sono sempre in ciclo - come la morte, e il presente che vive con una voce forte. Qui mette in luce una concezione semplice ma spesso difficilissima per noi umani da attuare – che l’unico momento importante è il presente. Se osiamo fermare la chiacchiera dei nostri pensieri, possiamo udire la sua voce che ci dice che non siamo legati alle cose intorno a noi. Se ci stringiamo al concetto che siamo tutti ermi nei colli, o isole isolate, perdiamo la vista che in realtà, siamo tutti delle onde nello stesso mare. Quando anneghiamo i nostri pensieri, come nella meditazione, e rilassiamo il senso che l’ego sia la cosa più importante, possiamo trovare la dolcezza dell’infinito. 

[Giuseppe Pietro Bagetti (1764–1831), La Sacra di San Michele, 1825–1830, Torino, Palazzo Reale]

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